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Il Lambrusco che non ti aspetti: versatile, giovane, internazionale

“Oltre 46 milioni di bottiglie prodotte e boom all’estero: così il vino più gioioso di Italia supera i pregiudizi e conquista i palati, grazie alle nuove generazioni. Ottimo da degustare solo, a tavola dà il meglio nel ricco ventaglio di abbinamenti.

Articolo pubblicato su il Gusto di Repubblica il 22 Gennaio 2023.

Se dovessimo paragonare il Lambrusco ad un tratto della personalità umana, potremmo dire, senza tema di smentita, che si tratta di uno spirito libero e poliedrico per le origini e la varietà dei suoi dodici vitigni a bacca nera.

L’indole selvaggia del vitigno, addomesticata poi nel corso degli anni dai produttori, si ritrova già nel suo nome. Le uve sono legate geneticamente alla vitis labrusca, dal latino “labrum” come bordo e “ruscum” come spontaneo; una vite antichissima, quindi, che cresceva ai margini dei campi dell’Emilia sin dall’Età del Bronzo.

Decantato negli scritti di Virgilio e Catone prima e da Plinio il Vecchio più tardi, il vino rosso frizzante simbolo dell’Emilia ha attraversato storicamente fasi difficili, tra guerre e periodi climatici poco favorevoli, fino al grande sviluppo commerciale nel Medioevo soprattutto per scopi liturgici.

La lunga ascesa del Lrunbrusco dall’Ottocento – in cui galeotta fu l’evoluzione tecnologica nella produzione dei vini frizzanti – fino alla sua consacrazione nell’enologia internazionale durante il Novecento, trova poi il suo punto fermo negli anni ’60 con la nascita dei primi consorzi di tutela, oggi raggruppati nel Consorzio Tutela Lambrusco Doc con ben 70 produttori, che lavorano su un totale di poco più di 16mila ettari vitati, di cui circa lOmila coltivati a Lambrusco.

Sotto il cappello del Consorzio Tutela Lambrusco, le sei Denominazioni di origine controllata – il Lambrusco di Sorbara, il Grasparossa di Castelvetro, il Lambrusco dei Colli di Scandiano e Canossa, il Salamino di Sru1ta Croce, il Lambrusco di Modena e il Reggiano – scru1discono le espressioni divers,e di quei vigneti che punteggiano il paesaggio collinare tra Modena, Parma, Reggio Emilia e la sponda modenese lungo la via Emilia. È per questo, infatti, che il Lambrusco viene apostrofato come “un vino singolare che parla al plurale”.

Eppure, prima di arrivare fin qui, il vino rosso frizzante più gioioso d’Italia, non era mai stato preso troppo sul serio e, seppur noto e venduto in Italia e all’estero, non godeva di quell’identità enologica che oggi il Consorzio Tutela Lambrusco, i produttori e i giovani del settore gli hanno costruito intorno, mettendo in atto nuove logiche produttivo-qualitative, ma anche un’immagine rinnovata.

“È stato lanciato quest’anno il nuovo sito web che esprime la veste allegra, energica e briosa del Lambrusco – afferma infatti Claudio Bioni, presidente del Consorzio – scegliendo di utilizzare il concetto dei colori per comunicare l’universo che si cela dietro al nome “Lambrusco”, la cui varietà è immediatamente visibile nel calice grazie alle sfumature di colore che i diversi vini esprimono”.

Facendo qualche passo indietro, tra gli anni ’80 e ’90, è noto che le rese altissime del vitigno e una vasta produzione avessero fatto del Lambrusco un prodotto piuttosto commerciale, penalizzando la percezione della qualità nel consumatore; in fondo si presentava come un vino popolare e contadino, tanto da essere quasi associato ad una comune bevanda da tavola. Anche il reggiano Luciano Ligabue lo accostava ai pop-com nella sua celebre canzone “Lambrusco & pop·corn”.

Poi la svolta degli ultimi anni grazie alla scelta, sempre più unanime tra gli agricoltori, di puntare su rese minori in direzione di una maggiore qualità; è la nuova primavera del Lambrusco.
Nel 2021 la produzione di Lambrusco ha raggiunto un totale di 46 milioni di bottiglie, oltre a più di 115 milioni di bottiglie di Emilia lgt registrate invece sotto il Consorzio Tutela Vini Emilia.
Il vento di cambiamento che spira da qualche tempo tra i vigneti del Lamb1usco profuma di innovazione, internazionalità e giovinezza.

Sono proprio i giovani imprenditori del settore, tornati in Emilia dopo periodi di studio all’estero, curiosi, poliglotti e con la voglia di diffondere la tradizione del Lambrusco nel mondo, ad essere oggi al timone delle aziende di famiglia con idee fresche e visionarie, tanto da costituire un’arteria importante all’interno del Consorzio.

Si tratta di giovani alfieri del made in Italy come Silvia Zucchi o Alessandro Medici, che hanno introdotto o ripristinato metodi di vinificazione con un’acuta attenzione alla sostenibilità. Silvia Zucchi, terza generazione alla guida dell’omonima cantina modenese, ha puntato alla creazione di una linea di quattro vini da Lambrusco di Sorbara DOP, tra cui due spumanti Metodo Charmat, un Metodo Classico a dosaggio zero e un rifermentato in bottiglia: novità, quest’ultima, che, la giovane enologa ha reintrodotto in cantina rispolverando la metodologia usata da suo nonno e dando origine ad un vino di un vivido color rubino con riflessi violacei; un naso di frutti scuri e una progressione avvincente al palato sostenuta da una bella freschezza.

A qualche chilometro di distanza, il ventisettenne Alessandro Medici, nato e cresciuto tra le vendemmie della tenuta di famiglia, è oggi la scommessa della storica azienda reggiana Medici Ermete, che ha avuto il vanto di essere stata l’apripista nel traino del Lambrusco verso la svolta qualitativa di fine anni ’90, diminuendo le rese in vigna di più del 40% stabilito dal disciplinare,. Alessandro è impegnato in progetti etico-sostenibili come “Generazione 2031”, con l’obiettivo di annullare l’impronta carbonica
a pieno sostegno dell’agricoltura biologica. Ha dato vita, fra l’altro, ad un Lambrusco di Sorbara con metodo ancestrale, che riassume già nel nome dinamismo e vivacita: “Phermento” si chiama infatti questo vino, secco, di grande pulizia e puntuta acidità. “Phermento”, nato nel 2016 con una produzione di 3000 bottiglie, oggi ne registra 18mila ed è, uno di quei vini perfetti per una tempura giapponese. Sì, perché il Lambrusco è così versatile da saper parlare tante lingue e oggi ha l’esigenza di essere promosso e comunicato nel mondo portando con sé il grande valore di sapersi adattare a diverse, esperienze gastronomiche.

Nel 2022, infatti, il Lambrusco, grazie ai suoi giovani brand ambassador, ha scoperto una complicità tutta nuova con la cucina internazionale attraverso l’organizzazione di cene in rinomati ristoranti etnici in Italia, con la collaborazione di Gambero Rosso. Sono queste le occasioni giuste – alle quali si darà seguito nel 2023 – per scoprire che un urarnaki con gambero in tempura, mango e schichimi trova la chiusura del cerchio con un Lambrusco Grasparossa di Castelvetro, così come un “Amai atollado” colombiano può dialogare perfettamente con un Reggiano Doc.

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